La musa Trenitalia

Lo so, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho scritto sul mio blog (il che è un eufemismo, trattandosi di più di un anno). Il punto è che, una volta usciti dal giro dei post, rientrarci è un casino. La parte più difficile è trovare l’ispirazione. Ogni tanto una qualche idea l’ho pure avuta, però poi finivo sempre per bloccarmi con la solita scusa: “Ma va’, non scrivi da 3 mesi e adesso te ne salti fuori con ‘sta cagata?”. Poi i mesi sono diventati 6, 9, 12… E ora finalmente ho deciso che è arrivato il momento di tornare all’attacco. Con una cagata. Come tutte le altre che ho scritto fino a questo momento, modestamente.

Questa volta, però, ho sentito una specie di vocazione. Una chiamata, anche se non proprio dall’alto. Sono convinta che tutti abbiamo bisogno di muse, qualsiasi cosa facciamo nella vita. L’ispirazione mica fa comodo solo a chi dipinge i quadri. Anzi, credo che serva molto di più a chi di mestiere pulisce i cessi, per dire.

Fatto sta che io di muse ne ho parecchie. Alcune, forse meno brillanti ma di gran lunga più affidabili, sono come degli operai a cottimo: le chiamo quando ne ho bisogno, solitamente per questioni di lavoro, e dopo qualche ora le mollo (dietro regolare pagamento, s’intende). Altre sono molto più potenti, ma anche volubili: arrivano quando vogliono, tirano su un casino pazzesco, mi fanno andare a sbattere contro i lampioni per strada, giocano a nascondino. Quella che m’ha parlato l’altro giorno è una via di mezzo tra le due categorie: non sempre si fa trovare, ma io so che, se mi impegno a cercarla, di sicuro la becco. È una delle mie preferite. È la musa Trenitalia.

Trenitalia è un’azienda fantastica, non fosse altro per il suo importante valore sociale: offre sempre degli interessanti spunti di conversazione. Già nei mesi scorsi, spostandomi in treno di quando in quando, avevo notato la comparsa di alcuni bizzarri cartelli, ma ero troppo distratta per interessarmene. Finché, un paio di settimane fa, ho fatto un viaggio più rilassato e ho potuto osservare con attenzione di cosa si trattasse. Ed è proprio a questo punto che ho sentito la chiamata.

Si tratta di una campagna per la sicurezza frutto della collaborazione fra le Ferrovie Italiane e la Polizia di Stato (e già qui mi verrebbe da dire molte cose, ma non le dirò), per sensibilizzare gli ignari viaggiatori sul pericolo di furti e altre marachelle compiute ai loro danni da malintenzionati brutti e cattivi. Ora, non per vantarmi, ma io tra tutti quelli che conosco sono la persona che ha subito più furti nella storia delle FFSS, quindi mi sento legittimata a esprimermi sull’argomento.

Ho avvistato i primi cartelli sulle colonne della stazione di Bologna. Li ho guardati per un po’, indecisa sul da farsi. Poi non ho più avuto dubbi: mi sono messa a fotografarli.

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Qui c’è un signore tutto blu, con una mascherina sugli occhi, che spinge un carrello anch’esso blu carico di valigie, mentre un tontolone nero con il borsello lo sta a guardare. Forse il tizio blu sta andando a una festa di Carnevale e i bagagli sono pieni di costumi. In effetti basterebbe mettergli un mantellino rosso per farlo assomigliare a Superman, o due stivaletti rossi per renderlo identico all’Uomo Ragno. Oppure è reduce da un raduno di bondagisti – e in tal caso non voglio sapere cosa si trovi nelle valigie, ma se non altro si spiega perché l’omino nero lo guardi con curiosità mista a riprovazione. O quasi.

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Il secondo cartello è, a mio parere, un vero e proprio capolavoro. Qui due lillipuziani di colore nero, con i loro bravi biglietti in mano, si apprestano a salire sul treno, mentre un energumeno blu viene bloccato con solerzia dalle forze dell’ordine. So che una tale presa di posizione mi costerà cara, ma voglio dire la mia lo stesso: ha ragione la polizia. Perché se io sono quel microbo nero e nel sedile di fianco al mio si piazza una montagna alta tre volte me, e per di più blu… non so, non credo di riuscire a viaggiare serena. Io non sono razzista, ma i giganti blu non li voglio in treno con me. Ecco, l’ho detto.

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Al terzo cartello mi accorgo che le Ferrovie Italiane e la Polizia di Stato sono convinte che chiunque indossi un borsello sia l’ultimo dei rincoglioniti. Pensiero in parte condivisibile, non lo nego. Qui il tontolone se ne sta fermo e immobile mentre un malintenzionato di colore rosso fruga allegramente fra i suoi averi. Pirla per pirla, per rendere la scena più credibile avrebbero potuto rappresentare la vittima con lo smartphone in mano, magari intenta a spremersi le meningi sul tema: come faccio a eliminare le spunte blu da WhatsApp? Che poi, a proposito di colori: io avevo capito che i blu erano i cattivi, ora salta fuori che possono essere anche rossi. Maledetti ladri, se le inventano proprio tutte per gabbare noi passeggeri!

Insomma, arrivata a questo punto ho deciso che dovevo saperne molto di più su questa faccenda del Security Warning di Trenitalia, e mi sono messa a fare accurate ricerche su internet. Che, come speravo, hanno dato i loro bei frutti…

security-warning

Trovo particolarmente interessante questa combinazione di immagini. Nella prima, il solito ladro rosso rovista nel borsello di un passeggero, tutto concentrato davanti a una biglietteria automatica Trenitalia – e qui mi sento di spezzare una lancia a favore del viaggiatore, che quelle macchinette infernali (chiamate dalle FFSS, con una buona dose di faccia tosta, “Fast Ticket”) manderebbero in confusione anche un premio Nobel e trasformerebbero Gandhi in un serial killer. “Buongiorno, appoggi sul monitor la sua CartaFreccia. Oh, è lei, Manuela! Che piacere ritrovarla. Questo è il suo saldo punti. Vuole un elenco delle sue mete più frequenti? O preferisce ripassare gli ultimi viaggi effettuati? Ah no, vuole solo comprare un biglietto. Prego, scelga pure la destinazione. A proposito, già che tira fuori il portafoglio, vorrebbe mica donare 2 euro a sticazzi? No, eh? Mamma, che braccino corto… Vabbè, ecco qua, può procedere al pagamento. Siamo spiacenti, questa biglietteria non accetta banconote. Ci dispiace, non riusciamo a leggere il suo bancomat. Ehm… no, è davvero imbarazzante, ma anche la sua carta di credito non funziona. Mica l’avrà trovata nell’uovo di Pasqua? Ma non si preoccupi, Manuela, noi di Trenitalia abbiamo la soluzione: può comodamente inserire 45 euro in monete. Faccia con calma, non si preoccupi, non ci sono 20 persone vocianti dietro di lei che la insultano e spintonano perché il loro treno è in partenza. Fatto? Benissimo, grazie per aver scelto di viaggiare con noi. Oh, a proposito… avevamo dimenticato di dirle che può prendersela comoda, il suo treno viaggia con circa 1275 minuti di ritardo per un guasto tecnico indipendente dalla responsabilità di Trenitalia. Si faccia due passi per Bologna, è tanto una bella giornata oggi… Arrivederci. Tante cose a lei e famiglia. A presto. Baci.” A questo punto, di solito ripenso a Un giorno di ordinaria follia e mi dico che, in fondo in fondo, Michael Douglas non aveva poi tutti i torti.

Attenzione alla svolta stilistica: nel secondo cartello, il passeggero è (ormai senza borsello, a questo punto hanno fatto in tempo a fregarglielo almeno 20 volte) davanti a un distributore automatico di snack e tenta di consolarsi, con le ultime monetine rimaste in tasca, ingollando zuccheri a più non posso. Purtroppo, però, non c’è pace tra gli ulivi. Ed ecco che arriva il solito malandrino, questa volta con una borsa carica di… branzini surgelati? Molotov? Calzini di spugna bianchi? Per quanto m’impegni, non riesco a capirlo.

Ma Trenitalia ne sa una più del diavolo e, per me e tutti gli altri pirla che non riescono a interpretare il significato intrinseco dei suoi utilissimi moniti, mette a disposizione un video semplice e istruttivo che spiega tutto alla perfezione e che, a mio avviso, almeno una nomination all’Oscar se la merita di diritto:

Bello è bello, c’è poco da dire. Ma alcuni attimi toccano vette mai raggiunte prima:

– 00’35”: Fai attenzione alle richieste di denaro da parte di estranei. Ora, io non sono tirchia, ma se pure la mia vicina di casa mi chiede 1000 euro, un po’ di attenzione la faccio (e non perché temo che suo marito sbuchi da dietro al muro per rubarmi la valigia).

– 00’45”: il ladro che scappa con la valigia e dice “Bye bye!”. Questo è il top. Immaginatelo detto da Servillo in un film di Sorrentino e capirete che la statuetta vien da sé. Tra l’altro, a occhio e croce, direi che anche la traduzione inglese dei testi del video è stata affidata a Sorrentino.

– 1’10”: se uno sta in mezzo al corridoio del treno a braccia alzate, fosse pure preda di una visione mistica, viene insultato dagli altri passeggeri nell’arco di 3 secondi perché sta ostruendo il passaggio. E se un ladro tenta di superare la fila per rubare il computer, viene quantomeno linciato dalla folla (non per il furto, ma perché vuole passare davanti a tutti).

– 1’30”: “No ticket? No parti!”. Vi prego, aiutatemi a scoprire chi ha scritto questa battuta, voglio dargli la mano. Aperta. In faccia.

Ora, io ho meditato a lungo sulla questione, perché provo un’innata simpatia verso gli sfigati e quindi, nonostante me ne abbiano fatte passare parecchie, anche verso le FFSS. Mi sono chiesta: “Possibile che questi, sempre dietro a piangere miseria, senza soldi, con i dipendenti in sciopero un giorno sì e uno no, le stazioni fatiscenti, i treni dei pendolari tutti scassati, riescano a trovare i fondi per far realizzare ‘sta puttanata”. “No. Non può essere possibile. Sarebbe un… una… una roba che non riesco neanche a dire, neanche a immaginare” mi sono risposta.

E quindi mi sono riscoperta complottista e ho partorito una mia teoria: i cartelli sono stati fatti non da Trenitalia, ma dai ladri. Così tu ti metti lì, ti perdi davanti a questi segnali astrusi, cerchi di capire cosa cazzo vogliano comunicarti, ti dimentichi del mondo circostante e trac!, il tizio blu o rosso o giallo arriva e ti fotte la valigia. Sì, dev’essere così. Per forza.

 

 

Informazioni su Manu

Romagnola (molto romagnola), ho vissuto dodici anni a Milano e, da gennaio 2017, mi sono trasferita a Berlino – anche se, come giustamente mi fanno notare, non ho mai passato tanto tempo in Italia come ora che sto in Germania. Comunque. Dal 2004 lavoro nel settore dell’editoria, con varie mansioni. Mi occupo di correzione bozze, editing, assistenza agli autori, progettazione volumi e collane, ghostwriting. Sono autrice (ho scritto, fra l’altro, di libri, cinema, TV, sport, cucina) ed enigmista (creo giochi per bambini-bambini e bambini-quelli grandi). A marzo 2016 è uscito il mio primo romanzo, Il colore dei papaveri, per i tipi di Piemme. Attualmente sto facendo del mio meglio per far sì che non sia anche l’ultimo.
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